La Separazione dei crediti per prestazioni non pagate rientrano nella comunione de residuo
La disciplina della comunione de residuo
Nel regime di comunione legale dei beni, una delle questioni più rilevanti riguarda la sorte dei redditi e dei proventi maturati da ciascun coniuge, soprattutto in situazioni di separazione o divorzio. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16993 del 14 giugno 2023, ha chiarito che i crediti derivanti da prestazioni professionali eseguite durante il matrimonio, ma non ancora pagati, rientrano nella comunione differita o de residuo.
Cosa si intende per comunione de residuo?
La comunione de residuo riguarda determinati beni e redditi personali che non confluiscono immediatamente nella comunione legale ma che, al momento dello scioglimento di questa, devono essere divisi tra i coniugi. Tra questi rientrano:
- I frutti dei beni propri di ciascun coniuge, purché non consumati.
- I proventi derivanti da attività professionali o economiche personali, maturati durante il matrimonio ma non ancora percepiti o esigibili.
L’art. 177 del codice civile distingue chiaramente tra:
- Frutti: devono essere percepiti per rientrare nella comunione.
- Proventi: rilevano anche se non ancora percepiti o consumati, purché si riferiscano al periodo di vigenza della comunione legale.
Il caso esaminato dalla Cassazione
Il caso specifico riguardava una coppia in regime di comunione legale dei beni che aveva avviato una procedura di separazione. La moglie ha richiesto di partecipare ai redditi percepiti dal marito per prestazioni professionali eseguite durante il matrimonio ma pagate solo successivamente.
La Corte di Cassazione ha confermato che i redditi derivanti da attività professionali rientrano nella comunione differita, anche se:
- Non ancora percepiti al momento dello scioglimento della comunione legale
- Non ancora esigibili.
Principio giuridico sancito
La Corte di Cassazione ha affermato che i crediti vantati per prestazioni già eseguite costituiscono proventi maturati durante la comunione legale. Di conseguenza, tali crediti devono essere inclusi nella comunione legale de residuo, garantendo una tutela dei diritti economici di entrambi i coniugi e riflettendo il principio di solidarietà patrimoniale.
Implicazioni pratiche
Questo orientamento ha rilevanti conseguenze per i professionisti o imprenditori in regime di comunione legale dei beni, in quanto:
- I redditi maturati durante il matrimonio, anche se non ancora riscossi, sono idonei ad influire sulla ripartizione del patrimonio al momento della cessazione del regime della comunione legale tra coniugi.
- È fondamentale tenere traccia delle prestazioni eseguite e dei crediti maturati per evitare contestazioni.
Conclusione
La sentenza sottolinea ancora una volta l’importanza di comprendere le implicazioni giuridiche della comunione legale dei beni, soprattutto in caso di cessazione per separazione o divorzio.
Per questo motivo, è consigliabile rivolgersi a un esperto di diritto di famiglia per tutelare i propri diritti e gestire al meglio la divisione dei beni in comunione legale, e soprattutto per scegliere con consapevolezza da parte dei futuri sposi il regime patrimoniale della famiglia.
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